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Per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, l’Accademia della Crusca, ogni giorno sceglie una parola significativa, tratta dalla sua opera più grande, “La Divina Commedia”. Vigilia è stata proposta il 31 gennaio.


(...) a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperienza (...)
                                         Inferno, XXVI, 114


Dante non usa mai “veglia”. Nel canto di Ulisse, la veglia dei sensi è quella breve vita terrena che precede il lungo sonno della morte.


La parola vigilia, inserita da Ulisse nel XXVI canto dell’inferno, quando racconta dell’esito del suo tragico viaggio alla scoperta di nuove terre, oltre le colonne d’Ercole, mi rimanda al periodo del lockdown della primavera del 2020, quando centinaia di persone morivano ogni giorno negli ospedali a causa del covid-19, senza che i propri cari potessero vegliare con loro, dare un ultimo saluto prima della morte e nemmeno dopo, poiché le esequie pubbliche non erano consentite. In quei giorni dolorosi abbiamo riflettuto sul valore dei riti funebri, tanto cari e sacri agli antichi. Vigilia deriva dal latino vigiliae, ossia le sentinelle, che non a caso sorvegliavano la città di Roma di notte e la proteggevano, proprio come colui che veglia sul letto di morte e protegge il proprio caro.
Commento di Marta Alberti 5 CL