La reclusione forzata, causata dal coronavirus, è senza dubbio un evento traumatico, più o meno percepito, per tutti. L'elaborazione di esso dipende da molteplici fattori come l'età, il contesto sociale o la nostra personalità, ma la chiave  che senza dubbio ci permetterà di sopraffarlo è la resilienza, ovvero la capacità di affrontare e  superare un periodo difficile riorganizzando la nostra vita, soffermandoci sugli aspetti positivi degli eventi. Mi piace pensare alla quarantena come ad un esperimento sociale, creato da una sorta di deus ex machina per far capire all'uomo che le relazioni sono fondamentali per la nostra vita e che l'Altro è una risorsa indispensabile anche per garantire il nostro equilibrio interiore. Non è forse vero che lo stigma dell'untore, ovvero la disperata ricerca di quel paziente 0 che ha provocato un’ulteriore diffidenza nei confronti degli altri vista l’angoscia del contagio, ha fatto capire a molti che cosa significa essere discriminati e ha spinto ancor di più alla solidarietà? Non è forse vero che grazie al restringimento delle libertà in via cautelare abbiamo iniziato a stupirci dell’ovvio? La pandemia allora, oltre a farci riflettere sui benefici di cui disponiamo, ci permette di fare un bilancio delle relazioni che abbiamo instaurato e di porre fine a quelle negative. I dati provenienti dalla Cina ci segnalano un boom di divorzi successivi all'avvento del virus, ma sono altrettanto convinta che esso abbia portato  nelle famiglie  ad un rafforzamento dei rapporti. Il freno che ha imposto il Covid19 alla  frenetica quotidianità infatti ci permette di comunicare con l'altro e arrivare a dei compromessi per vivere in equilibrio. L’importante è ora far appello al senso civico di ognuno, rispettare le norme e attendere l'inizio di una nuova stagione per l'intero pianeta.

Elena Tonin, classe 5^AS