Ci troviamo tutti in un periodo molto particolare, con questa pandemia in corso, e ci sentiamo spaesati e confusi, senza un punto di riferimento.

Questa però non è però la prima volta che ci troviamo in una situazione simile, molte volte è capitato nel in passato: vorrei fare un confronto tra l’epidemia che è in corso adesso (quella del Covid-19) e quella che intorno al 1630 ha coinvolto Milano e tutta Lombardia, raccontata da Alessandro Manzoni nel suo romanzo più famoso “I promessi sposi”.

Nel trentunesimo e trentaduesimo capitolo del romanzo, Manzoni descrive il periodo storico in cui stavano vivendo Renzo e Lucia, durante il quale la peste aveva iniziato a diffondersi e ad uccidere la popolazione lombarda.

Nell’ottobre del 1629, il medico Lodovico Settala fu il primo a denunciare al ministero della salute che era iniziata l’epidemia di peste, ma non fu preso nessun provvedimento e il pover'uomo rischiò di essere linciato dalla folla inferocita, impaurita e superstiziosa per la peste. In seguito, vennero inviati due commissari per indagare sulla faccenda, i quali andarono nel paese in cui si pensava fosse iniziata la diffusione della peste; lì incontrarono il barbiere del paese che disse che non c’era di che preoccuparsi: secondo lui, infatti, era soltanto un male di stagione che proveniva dalle paludi lì vicine. Così tornarono sollevati al ministero a Milano.

Vennero inviati altri due commissari, ma la peste aveva  iniziato il suo percorso e i segni della malattia si vedevano già in giro quindi non furono per niente necessarie le prove.

Il 14 novembre, tornarono al ministero della salute a Milano, denunciando il fatto che fu riferito anche al governatore della Lombardia il quale  però non fece prendere nessun provvedimento dato che era in corso la guerra e quella era la priorità.

Quattro giorni dopo fu proclamata una grida che annunciava una festa per la nascita del primogenito ed erede del re di Spagna. Molta gente si riunì per questa occasione e se possibile, il contagio aumentò ancora di più. Solo allora fu proclamata una grida che proibiva di uscire. Arrivò il freddo con l’inverno e così la diffusione dell’epidemia rallentò.

Iniziò un periodo di omertà (la gente non denunciava i malati poiché non voleva perdere la casa e gli oggetti preziosi del malato) e la popolazione non rispettò le leggi promulgate.

Il 31 aprile del 1629, la Pasqua e cinquanta giorni dopo, la Pentecoste, furono celebrate lo stesso e, ancora, aumentò il contagio. Allora il governo decise di iniziare una campagna per fare in modo che la gente capisse la vera gravità della situazione; la superstizione che era già presente nel popolo lombardo si diffuse ancora di più ed iniziò così la caccia all’untore (gli untori erano le persone sospettate di portare in giro la malattia).

Nel maggio del 1630 finalmente terminò l’epidemia di peste e si tornò alla normalità.

Torniamo però al presente. Anche oggi ci troviamo in una situazione molto simile a quella raccontata da Manzoni.

Siamo nel bel mezzo di una pandemia a livello globale, iniziata verso l’inizio di dicembre nella città cinese di Wuhan e poi diffusasi in più di 210 paesi. Come con la peste del 1629-1630, anche noi all’inizio non prendemmo molto sul serio la questione, considerandola di fatto  una banalissima influenza.

Soltanto a fine Febbraio, qui in Italia, si capì l’importanza della situazione e si iniziarono a prendere precauzioni in tutto il paese chiudendo le scuole, i negozi che non sono di prima necessità e tenendo aperti solo supermercati e farmacie, imponendo l’uso obbligatorio della mascherina e dei guanti in caso di uscita e un’autocertificazione per motivare qualsiasi spostamento

Per fortuna al giorno d’oggi, abbiamo più mezzi per riuscire a trovare una cura e non cadere nella trappola della superstizione, anche se agli inizi dell’epidemia ci sono stati casi di razzismo e attacchi nei confronti delle persone asiatiche.

Tuttavia sono speranzosa e credo che prima o poi si ritornerà alla normalità: come nel 17esimo secolo ne sono usciti possiamo farcela benissimo anche tutti noi!

Fino a poco tempo fa, sarei stata contenta di restare a casa da scuola, ma adesso devo dire che mi manca uscire di casa, vedere le mie amiche e fare un giro al centro commerciale o nelle città vicine a casa mia.

Vorrei poter ringraziare tutti i medici e il personale sanitario, per tutto quello che fanno, per tutti i sacrifici che stanno facendo per salvare vite. Grazie mille, siete i nostri eroi!

Usciremo vittoriosi da questa “guerra” , ANDRÀ TUTTO BENE. 


Celeste Barzon (2AL)